22 APRILE 2021
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI INTERVIENE SUI CD. PASSAPORTI VACCINALI
Redazione Consilia
Con l’arrivo dei vaccini anti-Covid-19 si è discusso dell’opportunità di iniziare a implementare soluzioni, anche digitali (es. app), per rispondere all’esigenza di rendere l’informazione sull’essersi o meno vaccinati come condizione per l’accesso a determinati locali o per la fruizione di taluni servizi (es. aeroporti, hotel, stazioni, palestre ecc.).
In data 01.03.2021 il Garante della Privacy italiano ha pubblicato una nota di enorme rilievo nella quale esplicita il “no ai pass vaccinali” per accedere a locali o fruire di servizi senza disposizione legislativa nazionale.
Il Garante, in particolare, indica, che: “i dati relativi allo stato vaccinale, infatti, sono dati particolarmente delicati e il loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali”.
Conseguentemente, si ritiene che il trattamento dei dati vaccinali debba essere oggetto di una norma di legge nazionale ad hoc che risulti conforme ai principi della normativa privacy in vigore.
Quindi una legge nazionale nella quale deve essere prevista il bilanciamento tra interesse pubblico e interesse individuale alla riservatezza.
Sul piano della tutela dei diritti, restano comunque alcuni nodi importanti da sciogliere, in particolare in tema di rispetto dei principi della Costituzione e di tutela della privacy.
Sotto il primo profilo, la Vice Presidente del Garante Privacy, Feroni ha richiamato il pericolo di violazione dell’art. 32 della Costituzione italiana.
La norma costituzionale pone una riserva di legge, prevedendo che i trattamenti sanitari obbligatori possano essere imposti solo dal legislatore. L’introduzione di un passaporto vaccinale, provocando restrizioni alla libertà di movimento delle persone non vaccinate, finirebbe per esercitare una coercizione psicologica sui singoli, con il rischio di trasformare la vaccinazione in un trattamento sanitario obbligatorio non previsto dalla legge.
Sul piano invece dell’attenzione al trattamento dei dati personali, con il comunicato del 1 marzo l’Autorità garante ha richiamato l’attenzione di tutti gli operatori pubblici e privati sui gravi rischi di discriminazione o di lesione di diritti fondamentali che potrebbe derivare da un trattamento non corretto dei dati sulla vaccinazione.
Importante, è la conclusione della nota, la quale esplicita che: “in assenza di tale eventuale base giuridica normativa – sulla cui compatibilità con i principi stabiliti dal Regolamento UE il Garante si riserva di pronunciarsi – l’utilizzo di qualsiasi forma, da parte di soggetti pubblici e di soggetti privati fornitori di servizi destinati al pubblico, di app e pass destinati a distinguere i cittadini vaccinati dai cittadini non vaccinati è da considerarsi illegittimo”.
“Ne discende dunque – continua la Vice Presidente – che la previsione di un pass/certificato recante informazioni sulla sottoposizione del cittadino al vaccino – al fine di consentire l’accesso, riservato o privilegiato, in determinati luoghi (aeroporti, alberghi, cinema, ristoranti, ecc.) e la fruizione di determinati servizi incidenti sulle libertà costituzionalmente garantite (di svago, di libera esplicazione della propria personalità, di circolazione) introdurrebbe, direttamente, un trattamento discriminatorio e sanzionatorio per i non vaccinati e, in forma surrettizia, l’obbligo del vaccino”.
Se poi i pass o i certificati si volessero davvero fare, precisa la Vice Presidente, “un tale obbligo, con le correlate ‘sanzioni’, non potrebbe che essere il frutto di una chiara scelta legislativa statuale” e “non certo quello dell’iniziativa estemporanea, pur animata dalle migliori intenzioni, di singole istituzioni pubbliche o di operatori privati”.
Frenando il sorgere di spontanee iniziative a riguardo, il Garante ritiene indispensabile quindi una normativa nazionale, che garantisca il rispetto dei principi di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione nel trattamento dei dati personali raccolti.
In data 01.03.2021 il Garante della Privacy italiano ha pubblicato una nota di enorme rilievo nella quale esplicita il “no ai pass vaccinali” per accedere a locali o fruire di servizi senza disposizione legislativa nazionale.
Il Garante, in particolare, indica, che: “i dati relativi allo stato vaccinale, infatti, sono dati particolarmente delicati e il loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali”.
Conseguentemente, si ritiene che il trattamento dei dati vaccinali debba essere oggetto di una norma di legge nazionale ad hoc che risulti conforme ai principi della normativa privacy in vigore.
Quindi una legge nazionale nella quale deve essere prevista il bilanciamento tra interesse pubblico e interesse individuale alla riservatezza.
Sul piano della tutela dei diritti, restano comunque alcuni nodi importanti da sciogliere, in particolare in tema di rispetto dei principi della Costituzione e di tutela della privacy.
Sotto il primo profilo, la Vice Presidente del Garante Privacy, Feroni ha richiamato il pericolo di violazione dell’art. 32 della Costituzione italiana.
La norma costituzionale pone una riserva di legge, prevedendo che i trattamenti sanitari obbligatori possano essere imposti solo dal legislatore. L’introduzione di un passaporto vaccinale, provocando restrizioni alla libertà di movimento delle persone non vaccinate, finirebbe per esercitare una coercizione psicologica sui singoli, con il rischio di trasformare la vaccinazione in un trattamento sanitario obbligatorio non previsto dalla legge.
Sul piano invece dell’attenzione al trattamento dei dati personali, con il comunicato del 1 marzo l’Autorità garante ha richiamato l’attenzione di tutti gli operatori pubblici e privati sui gravi rischi di discriminazione o di lesione di diritti fondamentali che potrebbe derivare da un trattamento non corretto dei dati sulla vaccinazione.
Importante, è la conclusione della nota, la quale esplicita che: “in assenza di tale eventuale base giuridica normativa – sulla cui compatibilità con i principi stabiliti dal Regolamento UE il Garante si riserva di pronunciarsi – l’utilizzo di qualsiasi forma, da parte di soggetti pubblici e di soggetti privati fornitori di servizi destinati al pubblico, di app e pass destinati a distinguere i cittadini vaccinati dai cittadini non vaccinati è da considerarsi illegittimo”.
“Ne discende dunque – continua la Vice Presidente – che la previsione di un pass/certificato recante informazioni sulla sottoposizione del cittadino al vaccino – al fine di consentire l’accesso, riservato o privilegiato, in determinati luoghi (aeroporti, alberghi, cinema, ristoranti, ecc.) e la fruizione di determinati servizi incidenti sulle libertà costituzionalmente garantite (di svago, di libera esplicazione della propria personalità, di circolazione) introdurrebbe, direttamente, un trattamento discriminatorio e sanzionatorio per i non vaccinati e, in forma surrettizia, l’obbligo del vaccino”.
Se poi i pass o i certificati si volessero davvero fare, precisa la Vice Presidente, “un tale obbligo, con le correlate ‘sanzioni’, non potrebbe che essere il frutto di una chiara scelta legislativa statuale” e “non certo quello dell’iniziativa estemporanea, pur animata dalle migliori intenzioni, di singole istituzioni pubbliche o di operatori privati”.
Frenando il sorgere di spontanee iniziative a riguardo, il Garante ritiene indispensabile quindi una normativa nazionale, che garantisca il rispetto dei principi di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione nel trattamento dei dati personali raccolti.
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