11 GENNAIO 2022
IL GREEN PASS SUL POSTO DI LAVORO: ASPETTI GESTIONALI E PRIVACY DEI LAVORATORI
Redazione Consilia
Il D.L. 21 settembre 2021, n. 127, recante “misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde Covid-19 e il rafforzamento del sistema di screening”, ha introdotto l’obbligo di possesso ed esibizione della certificazione verde (cosiddetto green-pass) per chi deve accedere ad un qualsiasi luogo di lavoro.
Tale D.L., convertito dalla Legge 19 novembre 2021, n. 165, è intervenuto sul precedente D.L. 22 aprile 2021, n.52 (cosiddetto “Decreto riaperture”) che ha disciplinato la certificazione verde ed il suo impiego in vari settori quali la ristorazione, gli spettacoli aperti al pubblico, gli eventi e le competizioni sportive, i musei e le mostre, le piscine, le palestre, le sagre e le fiere i convegni ed i congressi, la scuola e l’università, i mezzi di trasporto ed i concorsi pubblici: per tali settori l’impiego del green-pass non era stato corredato da alcun obbligo, ma semplicemente dal divieto di ingresso per chi ne fosse sprovvisto.
Preliminarmente, va chiarito cosa si intende per green-pass. La certificazione verde, a norma dell’art. 9 comma 3 D.L. n.52/2021, attesta una delle seguenti condizioni: l’avvenuta vaccinazione anti SARS-CoV-2 al termine del prescritto ciclo, l’avvenuta guarigione da Covid-19, con contestuale cessazione dell’isolamento prescritto in seguito ad infezione da SARS -CoV-2, l’effettuazione di test antigenico rapido o molecolare, con esito negativo al virus SARC-CoV-2 oppure l’avvenuta guarigione dopo la somministrazione della prima dose di vaccino o al termine del prescritto ciclo.
Il D.L. n.127/2021 ha disciplinato specificamente l’impiego del green-pass in ambito lavorativo, sia pubblico che privato, ed ha generalizzato l’obbligo di suo possesso ed esibizione, mantenendo il divieto di ingresso a chi ne risulta sprovvisto o anche solo ne rifiuta l’esibizione, obbligo già in precedenza introdotto dal D.L. 6 giugno 2021, n. 111 limitatamente al personale scolastico/ universitario con decorrenza dal 1° settembre 2021.
Il D.L. n.127/2021 ha dovuto coniugare le esigenze di gestione dei datori di lavoro a presidio della sicurezza e tutela della salute sul posto di lavoro, con il diritto alla conservazione del posto di lavoro di chi rifiuti di sottoporsi alla vaccinazione o a periodici tamponi.
L’obbligo di possesso ed esibizione della certificazione viene accompagnato da sanzioni amministrative e da sanzioni di carattere disciplinare per i dipendenti che ne sono sprovvisti.
Il controllo sul rispetto di tale obbligo viene delegato ai datori di lavoro sia nel settore pubblico che in quello privato, previa predisposizione di modalità organizzative di verifica anche a campione.
L’obbligo di possesso e di esibizione del green pass è posto in capo a “tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato anche sulla base di contratti esterni” sia nel settore pubblico che privato. Ciò significa che chiunque faccia ingresso nei luoghi di lavoro, per come identificato e definito all’art. 1 comma 1 e all’art. 3 comma 1 D.L. n.127/2021, e non quale utente o semplice visitatore, è soggetto a tale preciso obbligo anche se lavoratore autonomo con rapporto di consulente, volontario, stagista, dipendente di ditta esterna appaltatrice, a cui, quindi, in astratto si applicherebbe un doppio controllo, sia da parte del datore di lavoro che dall’utilizzatore della prestazione, ma la legge di conversione ha espressamente previsto il controllo in capo solo all’utilizzatore. L’ingresso sui luoghi di lavoro di persone che non rientrano tra quelli sopra citati è gestito in autonomia dai datori di lavoro che devono comunque garantire il rispetto delle prescrizioni generali dell’art. 2087 c.c. e quelle specifiche della normativa sul rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19.
Il D.L. n.127/2021 ha introdotto il dovere per i datori di lavoro di verificare il rispetto dell’obbligo di possesso del green-pass all’ingresso sui luoghi di lavoro in modo da individuare tutti i lavoratori sprovvisti e impedirne l’accesso sul posto di lavoro.
Per adempiere a tale dovere i datori di lavoro devono predisporre una procedura che individui le “modalità operative per l’organizzazione delle verifiche”, identificando con atto formale i soggetti a ciò preposti.
Tali verifiche possono essere effettuate anche “a campione”, ovviamente in relazione alla dimensione aziendale. In caso di inottemperanza datoriale, è prevista l’irrogazione di una sanzione amministrativa da 600,00 a 1.500,00 euro, che viene raddoppiata in caso di reiterazione, mentre nessuna sanzione accessoria, quale la chiusura dell’attività, è stata prevista.
Va precisato che il regime sanzionatorio di natura amministrativa si applica solo se il fatto non costituisca reato. Ne deriva che, in caso di propagazione del virus a seguito di un indebito ingresso di dipendente infetto, il datore di lavoro rischia l’imputazione per violazione dell’art 260 R.D. n.1265/1934, T.U. delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7 del D.L. n. 19/2021, che punisce la condotta del soggetto che non ottemperi ad un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo, con l’irrogazione della sanzione dell’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5.000 euro.
Prescindendo dall’analisi della normativa dettata per i dipendenti pubblici, (peraltro, diversificata a seconda dell’appartenenza al personale medico/sanitario, scolastico/universitario, ovvero alle altre pubbliche amministrazioni), il D.L. n. 127/2021 delinea per il settore privato un apparato sanzionatorio diverso a seconda che i lavoratori appartengano a “piccole o grandi imprese” distinte dal numero, minore o maggiore, dei 15 dipendenti.
Per i lavoratori dipendenti delle grandi imprese che siano privi di certificazione verde è previsto che vengano considerati assenti ingiustificati, senza tuttavia che tale assenza possa essere considerata idonea a dar vita a qualsivoglia azione disciplinare.
La soluzione adottata dal legislatore garantisce, pertanto, la conservazione del posto di lavoro, con la precisazione che “per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato”.
I dipendenti delle piccole imprese sono considerati assenti ingiustificati, al pari dei dipendenti delle grandi imprese, ma trascorsi cinque giorni potranno essere sospesi per un periodo di dieci giorni prorogabili con facoltà del datore di lavoro di ricorrere a contratti a tempo determinato aventi stessa durata della sospensione. Ciò fa presumere che nelle “piccole imprese” il provvedimento dovrà essere comunque comminato e comunicato al dipendente con l’indicazione del termine finale della sospensione. Il datore di lavoro deve comunque attendere cinque giorni prima della sostituzione del lavoratore privo di green-pass per consentirgli nel frattempo di ottenere la certificazione. Dopo tale lasso di tempo, il datore di lavoro può sospendere il dipendente e procedere alla sua sostituzione. Peraltro, la formulazione letterale della norma (il datore può sospendere il lavoratore per una durata corrispondente a quella del contratto di lavoro “stipulato” per la sua sostituzione) fa presumere che la sospensione sia condizionata alla sottoscrizione del contratto a termine per ragioni sostitutive; diversamente, la sospensione sarebbe illegittima.
A differenza dell’assenza ingiustificata pura e semplice, la sospensione può avere natura sanzionatoria. Ed infatti durante il periodo di sospensione comminato, il dipendente non può comunque accedere sul posto di lavoro né può far valere il fatto di essersi nel frattempo munito di green-pass. La sospensione, quindi, ha natura disciplinare a tutti gli effetti sebbene facoltativa in quanto rimessa dalla legge al datore di lavoro.
Il D.L. n. 127/2021 ha disciplinato anche le sanzioni per il dipendente che sebbene privo di certificazione verde acceda al posto di lavoro.
In questo caso, senza distinzione tra “piccole e grandi imprese”, il legislatore ha previsto un duplice apparato sanzionatorio, amministrativo e disciplinare. Dal punto di vista amministrativo, la sanzione economica da 600,00 a 1.500,00 euro è irrogata dal Prefetto (cui si presume, il datore di lavoro debba comunicare la violazione). Dal punto di vista strettamente lavoristico, invece, il D.L. n. 127/2021 rimanda “ai rispettivi ordinamenti di settore” facendo così sorgere la piena potestà disciplinare in capo ai datori di lavoro.
L’espressione utilizzata ha comunque dettato qualche perplessità in quanto non ha richiamato semplicemente i CCNL o i regolamenti disciplinari aziendali. Si ritiene, tuttavia, che la violazione in esame possa integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento perché, da un lato, il dipendente violerebbe una disposizione precisa del datore che a seguito dei controlli gli intima di non accedere al luogo di lavoro; dall’altro lato, porrebbe in pericolo anche se solo potenziale la salute degli altri dipendenti.
Il D.L. n. 127/2021 non contiene alcuna disciplina specifica con riferimento al lavoro agile perché ovviamente in questo caso non si pone un problema di accesso al posto di lavoro.
Il legislatore ha comunque precisato in una faq dedicata al green-pass che “in ogni caso lo smart working non può essere utilizzato allo scopo di eludere l’obbligo di green-pass”.
Ne deriva che il lavoratore privo di certificazione non ha diritto ad essere collocato in smart working per evitare l’assenza ingiustificata o la sospensione.
L’obbligatorietà del green pass sul posto di lavoro pone diverse questioni in relazione alla tutela della riservatezza dei dati dei dipendenti, ed in particolare al trattamento dei dati ottenuti in seguito alla verifica del possesso del green pass.
Innanzitutto, i datori di lavoro devono predisporre l’informativa sul trattamento dei dati sulla base dell’art. 13 del GDPR (Regolamento UE n.679/2016). Tale informativa deve essere preventivamente comunicata agli interessati ovvero esposta in sede di accesso in modo che l’interessato possa prenderne visione. I dati personali trattati attengono, oltre alle generalità dei lavoratori, alla validità, all’integrità e all’autenticità del green-pass ovvero informazioni in merito allo stato di soggetto esente da vaccinazione anti Covid-19 riportate nella certificazione di esenzione dalla vaccinazione. La finalità del trattamento è la prevenzione da contagio dal Covid-19, nonché di controllo dell’autenticità, validità e integrità della certificazione verde o della certificazione equivalente, compresa quella di esenzione dalla vaccinazione. La base giuridica del trattamento è nell’adempimento di un obbligo di legge.
Fatte queste premesse generali, occorre analizzare come coniugare l’adempimento dell’obbligo di controllo con l’accesso a dati riservati dei dipendenti quali i dati contenuti nella certificazione.
Per garantire al massimo la tutela dei dati riservati, il legislatore, già nel D.P.C.M. 17 giugno 2021(“Disposizione attuative dell’art. 9 comma 10 D.L. 22 aprile 2021, n.52), ha previsto il divieto di conservazione degli esiti dell’attività di controllo, mentre l’Autorità Garante della Privacy (nota del 6 settembre 2021) ha ribadito l’esclusione della raccolta, da parte dei soggetti verificatori, dei dati dell’intestatario della certificazione, in qualunque forma.
Sempre il D.P.C.M. 17 giugno 2021 ha previsto misure di attuazione che limitano l’accesso a dati riservati. Tale regolamento, infatti, ha disposto che la verifica delle certificazioni verdi Covid-19 possa essere effettuata esclusivamente mediante lettura del codice a barre bidimensionale utilizzando esclusivamente l’applicazione mobile descritta nell’allegato B allo stesso D.P.C.M.
Tale applicazione consente unicamente di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione e di conoscere le generalità dell’intestatario, senza tuttavia rendere visibili le informazioni che ne determinano l’emissione, ovvero l’avvenuta vaccinazione, l’avvenuta guarigione o l’effettuazione di un antigenico con esito negativo.
La Legge di conversione 19 novembre 2021, n. 165 ha introdotto una novità importante che interessa particolarmente la privacy dei lavoratori, in quanto ha espressamente previsto che “al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde Covid-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro”.
Tale novità normativa è stata dettata dall’esigenza di velocizzate e semplificare i controlli nei confronti dei lavoratori che su base volontaria decidono di consegnare la copia della certificazione verde, ma finisce per incidere profondamente sia sulle procedure interne predisposte dai datori di lavoro per effettuare i controlli, e sia sul diritto alla privacy dei dipendenti, laddove viene superato il divieto assoluto di raccolta e conservazione dei dati contenuti nel green-pass.
Dal punto di vista delle procedure, infatti, i datori di lavoro devono sia mantenere le procedure di verifica per quei lavoratori che non vogliono consegnare il green-pass, e sia introdurre nuove procedure per coloro che invece vogliono consegnare la copia del green-pass.
La modifica delle procedure interne dei controlli comporta inoltre la modifica della formazione da fornire agli incaricati o responsabili del trattamento che hanno ricevuto la delega ad eseguire i controlli: questi, infatti, dovranno essere informati sui nominativi dei lavoratori che scelgono di consegnare la copia della certificazione (e che quindi saranno esenti dai controlli) e continuare i controlli solo sugli altri.
La novità normativa in commento determina ancora la necessità di aggiornare l’informativa sul trattamento dei dati personali da mettere a disposizione dei soggetti da controllare, con la modifica in particolare del termine di conservazione dei dati, nonché l’esigenza di aggiornare il registro dei trattamenti.
Sotto tale ultimo profilo, infatti, occorre modificare il trattamento relativo alla verifica del green- pass prevedendo anche la conservazione del relativo certificato e menzionare le misure di sicurezza a difesa del trattamento che potrà essere effettuato in formato cartaceo o elettronico; in tale ultimo caso, inoltre, se il dato risiede su piattaforma cloud o di un fornitore terzo, si dovrà valutare se ciò comporta un trasferimento di dati al di fuori dello SEE (Spazio Economico Europeo) o se si opta per un database con le date di scadenza salvato in locale, si dovranno comunque adottare adeguate misure di sicurezza.
Infine, la modifica normativa in esame determina la necessità di valutare, se, sentito il DPO ove nominato, effettuare una DPIA (valutazione di impatto sulla protezione dei dati).
Il quadro normativo appena descritto è destinato a subire modifiche importanti per effetto del D.L. approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 gennaio 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 2022: in particolare, per quanto riguarda l’accesso al posto di lavoro viene introdotto l’obbligo di possesso e di esibizione del cosiddetto green-pass rafforzato (o super green-pass), ovvero la certificazione che attesti esclusivamente l’avvenuta vaccinazione o l’avvenuta guarigione da Covid -19.
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