09 NOVEMBRE 2021
IL SOVRAINDEBITAMENTO, NOZIONE GIURIDICA E NUOVE REGOLE
Redazione Consilia
La Legge n. 3/2012 (modificata da D.L n. 179/2012, convertito nella L. n. 221/2012), recante “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché, di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, ha previsto uno strumento per l’esdebitazione degli “insolventi civili”, precisamente consumatori, professionisti, imprenditori minori, imprenditori agricoli, start-up innovative ed enti no-profit (es. associazioni o onlus).
Per sovraindebitamento, ai sensi dell’art. 6, secondo comma della Legge sopra indicata, si intende “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”. Si tratta, dunque, di uno squilibrio finanziario che sia in grado di determinare uno stato d’insolvenza o di crisi, reversibile o irreversibile.
I requisiti per accedere alle procedure di sovraindebitamento prevedono che il debitore, oltre ad essere in stato di sovraindebitamento, debba essere un soggetto non fallibile e che non abbia realizzato atti di frode verso i creditori (es. sottrazioni beni o denaro, occultandolo ai creditori).
La legge disciplina tre diverse procedure di sovraindebitamento, a cui con l’avvento del Codice della Crisi si è aggiunta una quarta possibilità, sotto forma di semplice domanda. In particolare:
La procedura del sovraindebitamento è divenuta, però, applicabile in concreto solo nel 2014, dopo l’istituzione degli Organismi di Composizione della Crisi (O.C.C.). Anche dopo tale data, in realtà, non veniva presa in considerazione dai debitori, in quanto ritenuta eccessivamente complicata relativamente al meccanismo di accesso e, comunque, di fatto ostacolata dalla necessità del c.d. requisito della meritevolezza.
Quest’aspetto ha spinto, quindi, il legislatore a rivedere l’istituto al fine di renderlo più agile ed economico possibile. La pandemia e le conseguenze economiche derivanti dai mesi di lockdown hanno, da un lato, indotto il legislatore a posticipare la data di entrata in vigore del Codice della Crisi e dell’Insolvenza e, dall’altro, indotto a fare diverse valutazioni proprio con riguardo ai soggetti non fallibili, gravemente colpiti dagli effetti economici conseguenti al Covid-19.
Al riguardo, la L. n. 176/2020 mira, da una parte, ad agevolare l’accesso alle procedure da sovraindebitamento, e dall’altra, ad ampliarne i destinatari.
Per quanto riguarda la definizione di “consumatore”, nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento, si intende “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del Codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali” (art. 2 lett. e, del D. Lgs. 14/2019). In questo modo viene estesa l’applicazione della disciplina del sovraindebitamento anche al socio di una società di persone, sempre che il sovraindebitamento riguardi soltanto i suoi debiti personali.
Come sopra anticipato, l’ammissione alle procedure in esame è condizionata al c.d. requisito della “meritevolezza”, ossiaad uno stato di sovraindebitamento incolpevole, tale da escludere la colpa del debitore.
In particolare, l’art. 7 della L. n. 3/2012 prevedeva la colpa “semplice”, rimettendo al debitore la sola prova dell’avvenuto sovraindebitamento quale causa a lui non imputabile. Invece, il nuovo comma 1 del medesimo articolo, attraverso l’inserimento del punto d-ter, permette l’accesso al piano di ristrutturazione dei debiti e della liquidazione controllata del debitore solo al consumatore che non abbia generato lo stato di sovraindebitamento per colpa grave, mala fede o frode.
Sempre nell’ambito della meritevolezza, una novità di rilievo riguarda il compito affidato al gestore dell’Organismo di Composizione della Crisi di fare riferimento, nella propria relazione, se il creditore-soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore.
Dunque, la norma prevede un’analisi sul comportamento del debitore e un’attenta valutazione della condotta del creditore nell’erogazione del credito, al fine di escludere la possibile formazione dello stato di sovraindebitamento in modo incolpevole.
La stessa ratio è stata ripresa anche dal codice della Crisi e dell’Insolvenza, il quale agli artt. 68, comma 3 e 69, comma 2 prevede che “l’OCC, nella sua relazione, deve indicare anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore” e che “il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all’articolo 124-bis del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore”.
Tra le novità previste, tra l’altro, emerge l’introduzione del c.d. “sovraindebitamento familiare”, previsto dall’art. 7 bis della L. n. 3/2012. Si tratta della possibilità concessa ai membri della stessa famiglia di presentare un’unica procedura di composizione della crisi di sovraindebitamento e la possibilità dell’esdebitazione per il debitore totalmente incapiente.
Più nello specifico, le masse attive e passive resteranno distinte, ma la liquidazione del compenso, dovuto all’organismo di composizione della crisi, sarà ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all’entità dei debiti di ciascuno.
Infine, diversamente da quanto accadeva nella L. n. 3/2012, la L. n. 176 del 2020 prevede la possibilità di inserire, nella proposta del piano di ristrutturazione dei debiti, sia i finanziamenti con cessione del quinto che i contratti di mutuo da corrispondere secondo l’originario piano di ammortamento.
All’art. 8, infatti, vengono aggiunti i commi 1 bis e ter. In particolare, il comma 1 bis prevede che la proposta di piano del consumatore possa contemplare anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del TFR, delle operazioni di prestito su pegno. Il comma 1 ter prevede il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore, se lo stesso, alla data del deposito della proposta, ha adempiuto alle proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data.
In particolare, ai sensi dell’art. 8 comma 1 bis, i contratti di cessione di crediti futuri, quali stipendio, pensione, TFR, possono esseri risolti con l’omologazione dell’accordo o del piano del consumatore e le relative somme possono legittimamente entrare a far parte degli attivi della procedura. Al tempo stesso, il debito già oggetto di un soddisfacimento attraverso la cessione può essere falcidiato nell’ambito del piano e dell’accordo.
La norma, però, si spinge oltre prevedendo che possano essere oggetto di falcidia e ristrutturazione anche i debiti derivanti da operazioni di prestito su pegno. Al riguardo occorre richiamare la disposizione dell’art. 7 che prevede che la falcidia di questo tipo di debiti, come di tutti i debiti assistiti da privilegio, possa esser operata solo quando ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni gravati da prelazione.
Un altro argomento controverso concerneva il trattamento dei debiti derivanti da un contratto di mutuo ipotecario. Alcuni Tribunali avevano ritenuto che il contratto di mutuo fosse sempre opponibile alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, con la conseguenza che il piano o l’accordo non potessero utilizzare le risorse destinate al pagamento delle rate di mutuo e quest’ultimo dovesse continuare nel suo normale ammortamento.
La Giurisprudenza prevalente, invece, si è pronunciata in senso opposto ammettendo la possibilità di inserire il debito relativo al capitale residuo del mutuo nel piano o nell’accordo.
In questo modo, le obbligazioni derivanti dal contratto di mutuo possono essere oggetto di falcidia. Precisamente, la falcidia del debito per capitale residuo di un mutuo potrà esser considerata ammissibile solo se il valore attuale del bene ipotecato sia inferiore all’importo del capitale. Inoltre, il pagamento previsto a seguito della falcidia dovrà avere una misura non inferiore a quella realizzabile in caso di vendita, avuto riguardo al valore di mercato del bene.
Tale norma dovrebbe porre fine all’acceso dibattito di dottrina e giurisprudenza che, negli anni, si era formato sul punto.
Ad ogni modo, emerge sempre più, nelle intenzioni del Legislatore, una tutela verso la continuità dell’attività aziendale come strategia di superamento della crisi economica momentanea, soprattutto, a seguito di un’accurata ristrutturazione aziendale, che potrà consentire all’impresa stessa di individuare nuove risorse economiche sulle quali puntare.
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