08 GIUGNO 2021
LA CORSA EUROPEA AL RECOVERY PLAN
Redazione Consilia
II Next Generation Eu (NGEU), con una dotazione finanziaria di circa 750 miliardi di euro, è lo strumento cardine per il rilancio dell’economia dell’Unione Europea, duramente colpita dal diffondersi della crisi pandemica.
La novità più dirompente è che l’intera somma di 750 miliardi di euro verrà raccolta sui mercati con l’emissione di debito comune, garantito in solido da tutti i paesi dell’Unione Europea.
II Next Generation Eu viene spesso, erroneamente, definito “Recovery fund”, etichetta ereditata dal progetto iniziale di costituire un «fondo per la ripresa», oggi, erroneamente, sovrapposta al cd. “Recovery and Resiliency Facility” (Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza), programma cardine del Next Generation Eu, con una dotazione finanziaria di 672,5 miliardi di euro, di cui 360 miliardi concessi a titolo di prestito e 312,5 miliardi a titolo di sussidi.
A tale dotazione finanziaria, si aggiungono ulteriori 75 miliardi di euro di sovvenzioni, provenienti da altri fondi europei (tra cui React-Eu, Horizon Europe e InvestEU).
Condizione necessaria per accedere alle risorse finanziarie messe a disposizione dell’Unione Europea è la formulazione, da parte dei singoli Stati, di puntuali Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, oggetto di valutazione da parte della Commissione europea che attraverso un sistema di rating, preliminarmente all’erogazione dei fondi, ne verifica l’efficacia e la completezza.
L’approvazione da parte della Commissione Europea dei singoli Piani Nazionali sarà fondamentale perché saranno i singoli Stati ad anticipare i soldi, salvo poi chiederne il rimborso all’Europa. Infatti, due volte all’anno gli Stati richiederanno il rimborso delle spese sostenute per i progetti concordati nei piani. Se gli obiettivi intermedi non saranno rispettati, l’Europa non autorizzerà il rimborso, e darà sei mesi di tempo allo Stato per recuperare il ritardo. le risorse finanziarie non impiegate entro il 2026 non potranno essere recuperare e/o spese in altro modo.
L'ITALIA
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia, approvato in data 24 aprile 2021 dal Consiglio dei ministri, è stato già presentato alla Commissione Ue.
Il nostro Paese prevede di impiegare l’intero ammontare di sussidi e prestiti a propria disposizione: 191,5 miliardi di euro (provenienti dal Recovery and Resiliency Facility e di cui 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti). L’Italia a questi numeri ha aggiunto anche le risorse finanziarie provenienti dal React-Eu (pari a 13 miliardi di euro) e un piano complementare da 30,6 miliardi, finanziato con debito pubblico italiano che, dunque, non rientrerà nel recovery plan.
Come si evince dalla tabella di seguito riportata, nel 2021 l’Italia ha programmato di spendere 13,8 miliardi di euro dei 191,5 miliardi di euro messi a disposizione del Recovery and Resiliency Facility.
Il nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in coerenza con le indicazioni formulate dall’UE, si articola facendo riferimento a seguenti sei pilastri: 1) digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura, 2) rivoluzione verde e transizione ecologica; 3) infrastrutture per una mobilità sostenibile; 4) istruzione e ricerca; 5) inclusione e coesione; 6) salute.
Come si evince dal grafico di seguito riportato, le priorità indicate dal governo italiano sono rappresentate dagli investimenti in Rivoluzione Verde e Transizione ecologica (ai quali sono destinati circa 60 miliardi di euro), seguiti da investimenti in Digitalizzazione (per circa 40 miliardi di euro), Istruzione e ricerca (per circa 31 miliardi di euro) e Infrastrutture (per circa 15 miliardi di euro).
LA SPAGNA
Il governo spagnolo – su circa 140 miliardi di euro a disposizione – ha chiesto di poter accedere a circa 70 miliardi di euro di finanziamenti a fondo perduto, previsti dal Next Generation EU, rinunciando, come Francia e Germania, alla quota di risorse finanziarie a titolo di prestito. L’anno prossimo si riserverà di presentare domanda anche per le risorse finanziarie a prestito.
Il piano spagnolo punta sugli investimenti per la Mobilità elettrica, il Trasporto pubblico, le Energie rinnovabili, lo Smart grid e l’Idrogeno (con una spesa complessiva di circa 30 miliardi, a cui si aggiungono ulteriori 14 miliardi di euro per agricoltura e agenda rurale). Un ulteriore importante capitolo di spesa (circa 16 miliardi di euro) è rappresentato dalla Digitalizzazione del tessuto industriale e delle Pmi, e in particolare al sostegno e alla ripresa del comparto turistico e al rafforzamento dell’imprenditorialità.
LA FRANCIA
LA GERMANIA
La Germania per il suo rilancio prevede di impiegare circa 30 miliardi di euro, meno di Italia e Spagna, di cui circa 3 miliardi di euro provenienti da fondi nazionali. Il piano tedesco ha due priorità: 15 miliardi di euro per investimenti in mobilità e infrastrutture verdi, interamente focalizzate sullo sviluppo dell’elettrico (anche per via dei bonus e sussidi al suo settore automobilistico) e 15 miliardi di euro per iniziative di Digitalizzazione.
Le priorità di spesa sono state indicate dall’Europa: almeno il 37% dei fondi dovrà andare alla transizione verde e non meno del 20% a quella digitale.
Di seguito, nel grafico, è possibile confrontare gli stanziamenti per ambiente e digitale di alcuni paesi europei (Portogallo, Germania, Spagna, Francia e Italia) con i target richiesti dall’Ue.
Fonte: Elaborazione di Sky TG24 sui recovery plan nazionali • Sono prese in considerazione solo le spese che rientrano nei fondi della Recovery and Resilience Facility.
Appare opportuno evidenziare che anche i contributi denominati “a fondo perduto” andranno, indirettamente, ripagati. Infatti, tali risorse proverranno dall’indebitamento che la Commissione europea sottoscriverà sui mercati finanziari con creditori privati, i quali andranno, in ogni caso, interamente rimborsati. Le strade proposte sono sostanzialmente due: gli stati membri potrebbero pagare secondo le quote che già versano al bilancio europeo; altrimenti potrebbero essere introdotte nuove imposte europee pagate da contribuenti e imprese (come quella sulla plastica che entrerà in funzione da gennaio, oppure una web tax su cui ancora però non c’è accordo). Ciò considerato, a titolo esemplificativo, l’Italia sulla parte di sussidi dovrebbe restituire circa 50 miliardi di euro nel corso di diversi anni, rispetto agli 80 che incasserà dal Next Generation Eu.
Anche la Banca centrale europea ha confermato queste stime, facendo però notare che Spagna e Italia non saranno i maggiori beneficiari, se teniamo conto della grandezza delle loro economie. A incassare più sussidi, al netto delle restituzioni, saranno tra i paesi dell’Euro Grecia, Portogallo e Slovacchia.
Fonte: Elaborazione di SkyTG24 su dati di Algebris Policy & Research Forum
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