03 APRILE
LA GOVERNANCE AL FEMMINILE: IL CONFRONTO DI ALCUNI DATI SU SOCIETÀ QUOTATE E NON QUOTATE
GOVERNANCE
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LA GOVERNANCE AL FEMMINILE: IL CONFRONTO DI ALCUNI DATI SU SOCIETÀ QUOTATE E NON QUOTATE
Nel contesto nazionale e sovranazionale, durante gli ultimi tredici anni sono state emanate diverse norme atte a promuovere una rappresentanza più equilibrata di entrambi i generi all’interno dei Consigli di Amministrazione (CdA) e nei Collegi Sindacali (CS) delle società italiane ed europee.
Con riferimento al contesto nazionale, in Italia il primo riferimento normativo in materia è costituito dalla legge 12 luglio 2011, n.120, c.d. Legge Golfo-Mosca¹, applicabile alle società quotate nei mercati regolamentati e alle società non quotate ma controllate da Pubbliche Amministrazioni (PA)², che introduceva l’obbligo per le società appartenenti ad entrambe le tipologie di eleggere all’interno dei propri CdA e dei propri Collegi almeno 1/3 del genere meno rappresentato³.
La disciplina contenuta nella citata legge, tuttavia, aveva carattere transitorio: prevedeva, infatti, che si sarebbe applicata per soli tre mandati consecutivi. Pertanto, con legge di bilancio, n.160 del 2019, per le sole società quotate il legislatore aveva introdotto una proroga della precedente disciplina, estendendone l’applicazione a sei mandati; in tale sede è stata altresì innalzata la proporzione delle quote, divenute pari ad almeno 2/5.
Entrambe le normative prevedono un sistema sanzionatorio da applicarsi qualora la composizione del CdA o del CS non sia conforme al dettato della legge. Consob viene infatti investita del potere di diffidare la società che non rispetti i criteri affinché questa si adegui entro un termine massimo di quattro mesi dalla diffida e di comminare una sanzione pecuniaria fino a un milione di euro se, alla fine del suddetto termine temporale, la società non vi abbia ancora adempiuto. Infine, in caso di ulteriore reiterata inadempienza, i componenti del CdA vengono fatti decadere dalla carica.
A livello sovranazionale, i primi tentativi di inserire nel diritto dell’Unione europea norme regolanti la presenza del genere meno rappresentato negli organi di amministrazione e controllo risalgono al 2012, con la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio⁴, infine non adottata. Il dibattito in materia, durato dieci anni, ha portato all’adozione della Direttiva (UE) 2022/2381⁵, c.d. Women on boards, applicabile a tutte le società quotate in mercati regolamentati dell’Unione europea con più di 250 dipendenti e che abbiano un fatturato annuo di almeno 50 milioni⁶. La Direttiva necessita di essere recepita dai singoli
²Per le società controllate da pubbliche amministrazioni, fu varato un regolamento (D.P.R. 30 novembre 2012, n. 251) che ne disciplinava l’applicazione.
³Al fine di rendere l’applicazione della legge più graduale, la soglia era stata fissata a 1/5 per il primo mandato.
⁴Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure, 14 novembre 2012.
⁵Direttiva (UE) 2022/2381 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 novembre 2022 riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori delle società quotate e relative misure.
⁶Art. 2, Direttiva (UE) 2022/2381.
Stati membri nei propri ordinamenti nazionali e lascia a questi ultimi l’onere stabilire quale dei seguenti due obiettivi le società quotate dovranno perseguire entro il 30 giugno 2026:
In tal senso, la Legge Golfo-Mosca appare come più stringente rispetto alla normativa europea; essa, infatti, oltre che applicarsi anche alle società controllate dalla PA, non stabilisce una soglia minima, in termini di fatturato annuo e di dipendenti, sotto la quale non debba essere applicata. La legge nazionale, inoltre, non consente di abbassare la soglia al 33% nel caso di amministratori con e senza incarichi esecutivi.
Sebbene gli obiettivi prefissati dalla Direttiva UE si possano quindi ritenere più che raggiunti in Italia, è necessario ricordare che le risultanze dei CdA in carica delle società quotate sono con tutta probabilità il risultato della presenza di un obbligo normativo cogente imposto dapprima dalla Legge Golfo-Mosca e successivamente dalla Legge di Bilancio 2020 che, come si è visto, ha natura transitoria. Alla luce di ciò, il Parlamento italiano, nel recepire l’atto sovranazionale – il cui termine è fissato al 28 dicembre 2024 – non potrà più introdurre norme che imporranno limiti temporali di applicazione della futura disciplina.
La produzione normativa in materia viene arricchita, infine, dalla Direttiva (UE) 2014/95 (sulla “Non Financial Reporting Directive” - NFRD), recepita a livello nazionale con d.l. 30 dicembre 2016 n. 254 e la successiva Direttiva (UE) 2022/2464 (sulla “Corporate Sustainability Reporting Directive” - CSRD).
In particolare, la NFRD introduce l’obbligo, per le “imprese di grandi dimensioni”⁹, di predisporre una dichiarazione di carattere non finanziario che contenga informazioni sulla sostenibilità ambientale e sociale, nonché attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione¹⁰. Essa prevede, al considerando 7, che in ambito sociale e di gestione del personale, le informazioni da fornire nella dichiarazione possano riguardare, tra le altre, le azioni intraprese per garantire l’uguaglianza di genere. La CSRD ha invece introdotto, al fine di rendere comparabili le dichiarazioni di più società, uno standard comune di rendicontazione sviluppato dallo European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).
A 12 anni dall’entrata in vigore del primo dettato normativo in materia di equilibrio di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate, è possibile valutare gli effetti che esso, e le successive modificazioni, hanno prodotto.
⁷Art.5, comma 1, lett. a, Direttiva (UE) 2022/2381.
⁸Art.5, comma 1, lett. b, Direttiva (UE) 2022/2381.
⁹Sono considerate tali le imprese che costituiscono enti di interesse pubblico, aventi in media più di 500 lavoratori.
¹⁰Art. 1, Direttiva (UE) 2014/95.
Il dato di partenza – antecedente, cioè, all’applicazione della Legge Golfo-Mosca – dimostrava una scarsissima partecipazione del genere femminile. Secondo dati Consob, infatti, nel 2011 la percentuale di donne presenti negli organi di amministrazione e controllo nelle società quotate si attestava, rispettivamente, al 7,4% e al 6,5%. I dati relativi al decennio successivo esprimono nuovi picchi storici; infatti, i dati relativi al 2022, gli ultimi disponibili, fanno emergere un’incidenza del genere femminile del 42,9% nei CdA e del 40,9% dei CS.
Nonostante la tendenza in continua crescita – che, ricordiamo, è frutto di un dettato normativo che impone delle sanzioni per le società che non dovessero rispettarlo – il c.d. “Soffitto di cristallo” sembra non essere stato abbattuto.
Ciò è anche corroborato, anzitutto, dai dati relativi alla presenza del genere sottorappresentato nei CdA delle aziende non soggette alla legge Golfo-Mosca e sue successive modificazioni. Infatti, come si può osservare dalla tabella sottostante, l’incremento del dato, seppur presente, non è stato in questa tipologia di aziende così accentuato come ci si sarebbe aspettati. Queste società, che pure partivano da una percentuale di presenza femminile più alta (13,8%, contro il 7,40% delle società quotate e il 11,20% delle società controllate dalle PA), hanno raggiunto la quota del 17,7% nel 2019, che si confronta con il 36,3% raggiunto dalle aziende quotate e con il 28,4% raggiunto dalle controllate della PA.
In secondo luogo, ci si riferisce al dato relativo al numero di Amministratori Delegati delle società appartenenti all’indice FTSE MIB: su un totale di quaranta società quotate, solo una, Terna, ha un CEO donna¹¹.
L’idea, dunque, di “forzare” il sistema attraverso l’imposizione per legge di una soglia, sembra – 12 anni dopo la sua realizzazione – non aver ancora indotto quel cambiamento che il legislatore sperava di imprimere. Quando saranno analizzati gli effetti che queste discipline avranno fatto registrare sulla maggiore efficacia di una governance e di controlli “più al femminile”, siamo certi che anche gli organi dei soggetti non quotati avvieranno quella transizione necessaria a correlare positivamente comportamenti virtuosi conseguenti ad una maggiore presenza al femminile con una più rilevante creazione di valore per tutti gli stakeholder aziendali.
¹¹Report “Route to Top”, Heidrick & Struggles, 2024.
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