06 MAGGIO 2022
LA RESPONSABILITÀ DELLE SOCIETÀ FIDUCIARIE PER LA MALA GESTIO DEI FONDI CONFERITI E LA RESPONSABILITÀ SOLIDALE DEGLI ORGANI DI CONTROLLO
Redazione Consilia
Con sentenza n. 13143 del 27 aprile 2022, le Sezioni Unite della Corte Cassazione hanno enunciato importanti principi di diritto in relazione alla responsabilità delle società fiduciarie per mala gestio dei fondi conferiti e alla responsabilità solidale degli organi di controllo.
I titolari di beni conferiti in amministrazione fiduciaria a due società risultate insolventi, hanno convenuto avanti il Tribunale di Roma il Ministero dello Sviluppo Economico (“Mise”), chiedendone la condanna al risarcimento del danno rappresentato dalla perdita dei capitali da ciascuno conferiti nelle due società fiduciarie: a fondamento della domanda, gli attori hanno affermato la mala gestio dei fondi da parte delle fiduciarie e che, essendo le stesse soggette a vigilanza ai sensi della Legge n. 1966 del 23 novembre 1939, il danno si doveva ascrivere anche a responsabilità extracontrattuale del Ministero che aveva omesso di esercitare correttamente l’attività di vigilanza.
Il Tribunale ha accolto la domanda ritenendo infondata l’eccezione di prescrizione quinquennale opposta dal Mise, attesa l’interruzione del termine dovuta all’insinuazione degli investitori al passivo della liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.) di una delle due società e la sospensione del successivo decorso fino alla chiusura della procedura concorsuale, ed ha condannato il Mise al pagamento della somma pari al capitale investito da ogni attore, con rivalutazione e interessi legali calcolati sulla sorte capitale rivalutata anno per anno.
Il Mise ha impugnato la sentenza di primo grado con riferimento alla prescrizione, all’accertamento della responsabilità e alla liquidazione del danno conseguente.
A seguito del rigetto di tutti i motivi d’appello, con conferma della sentenza di primo grado, il Mise ha proposto ricorso per Cassazione deducendo tre motivi, di cui il primo ha ad oggetto la questione che ha determinato l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ovvero “ violazione o falsa applicazione degli artt. 2055, 2943, secondo comma, 2945, primo comma, 1310, primo comma, cod. civ., per avere l’impugnata sentenza ritenuto estensibile l’effetto interruttivo e sospensivo della prescrizione, conseguente alla insinuazione al passivo della l.c.a. di una società al Mise da considerare terzo rispetto al rapporto obbligatorio tra il creditore insinuato e il debitore sottoposto a l.c.a., per quanto asseritamente responsabile a titolo extracontrattuale per omessa vigilanza”.
La Terza Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto di rimettere alle Sezioni Unite la risoluzione della questione controversa attinente “il concetto di solidarietà implicato dall’art. 2055 cod. civ. e la irragionevolezza dell’effetto estensivo degli atti interruttivi della prescrizione, sia istantaneo che permanente, affermato dalla Corte d’appello, in relazione agli artt. 1310, 2943 e 2945 stesso codice”.
In particolare, la Terza Sezione ha sollevato il quesito “se la domanda, con cui l’investitore si sia insinuato al passivo della procedura concorsuale a carico di una società fiduciaria ex lege n. 1966 del 1939, al fine di ottenere la restituzione del capitale consegnato per la relativa amministrazione, produca o meno l’effetto interruttivo della prescrizione per la durata della procedura stessa anche nei confronti dell’ente deputato alla vigilanza (art. 1310, primo comma, cod. civ.), contro il quale gli investitori abbiano separatamente e successivamente agito – come nella specie – per ottenere il risarcimento del danno da perdita del capitale”.
La Terza Sezione ha ravvisato un contrasto tra due orientamenti, l’uno maggioritario, che accoglie la tesi positiva, e l’altro minoritario che fa propria la tesi negativa sulla base della “diversità degli interessi oggetto delle autonome condotte dannose imputabili ai soggetti obbligati a vario titolo, e sul difetto di un vincolo di solidarietà tra codesti”.
Secondo l’orientamento minoritario, non si configura alcuna responsabilità solidale tra società fiduciaria ed ente di controllo, posto che la responsabilità della società è di natura contrattuale, conseguente all’inadempimento del mandato fiduciario, mentre la responsabilità dell’ente è di natura extracontrattuale, derivante dalla violazione degli obblighi di vigilanza.
La diversità del titolo di responsabilità produce conseguenze di non poco conto, avuto riguardo ai presupposti, al diverso termine di prescrizione, nonché all’efficacia degli atti interruttivi.
Dopo aver richiamato i principi a sostegno rispettivamente dei due orientamenti, le Sezioni Unite aderiscono all’orientamento maggioritario ed affermano la responsabilità solidale tra società fiduciarie ed ente di controllo sulla base della ritenuta irrilevanza della unicità o della pluralità dei fatti o dei mezzi giuridici in conseguenza dei quali è nato l’obbligo ad adempiere quella medesima prestazione, essendo invece essenziale che tutti i debitori siano obbligati, non a più prestazioni identiche, ma a un’unica sostanziale prestazione.
In pratica, ritiene il Collegio che l’art. 2055 cod. civ. sia “ norma di richiamo, che vuole specificare, nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, i principi già codificati dagli artt. 1292 e segg. cod. civ.” e che debba leggersi in correlazione all’art. 2043 cod. civ., “che fa sorgere l’obbligo del risarcimento dalla commissione di un fatto doloso o colposo, visto che considera, ai fini della solidarietà nel risarcimento stesso, il solo “fatto dannoso”: secondo la Corte, mentre l’art. 2043 si riferisce all’azione del soggetto che cagiona l’evento, l’art. 2055 guarda alla posizione di quello che subisce il danno, e in cui favore è stabilita la solidarietà; da qui, la conseguenza che “ l’unicità del fatto dannoso, richiesta dall’art. 2055, per la legittima affermazione di una responsabilità solidale tra gli autori dell’illecito, deve essere intesa in senso non assoluto ma relativo al danneggiato, ricorrendo, pertanto, tale forma di responsabilità pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni od omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, e anche diversi, sempreché le singole azioni od omissioni abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno”.
Per le Sezioni Unite, nel caso di specie, dinanzi alla perdita del capitale conferito in gestione a una fiduciaria, e dinanzi alla dedotta mala gestio della fiduciaria medesima (dichiarata insolvente), come base causale di quella perdita, non si forma un credito di natura restitutoria in quanto la perdita del capitale conferito espone innanzitutto la fiduciaria al risarcimento del danno da inadempimento del mandato ad amministrare, secondo quanto stabilito per il tipo di società di cui alla L. n. 1966 del 1939. Sulla base di tale impostazione, oggetto della pretesa fatta valere mediante l’insinuazione concorsuale rimane il danno da inadempimento e non la restituzione del capitale conferito, sebbene tale danno sia parametrato alla perdita di tale capitale.
Ricostruito il principio di solidarietà anche sul terreno della responsabilità civile, oltre che su quello dell’assunzione volontaria del vincolo (art. 1292 e segg. cod. civ.), il Collegio ritiene doversi individuare non già una comunanza di interessi alla prestazione dal lato dei soggetti, “quanto piuttosto l’unificazione delle posizioni debitorie a cagione del principio dell’equivalenza delle cause del danno.
Ciò in quanto “l’art. 2055 costituisce, nel codice civile, la traduzione normativa del principio di causalità materiale, salvi i soli correttivi della causalità adeguata in correlazione al principio del rischio specifico”.
“Il fatto, individuato nell’art. 2055, va considerato unitariamente. Esso è tale quando le cause siano collegate tra loro nel dinamismo convergente di un’azione complessa, ovvero quando il processo causale si sviluppi attraverso il progressivo intervento di fattori diversi, ma rispondenti a un nesso consequenziale, presente o astrattamente prevedibile dagli autori”.
Per le Sezioni Unite, alla base dell’art, 2055, “vi è la propensione del legislatore verso l’interesse del danneggiato a vedersi ristorato il danno subito in dipendenza di più concause”.
A fronte delle concrete difficoltà di determinare la porzione di responsabilità ascrivibile a ciascun soggetto responsabile del danno, il Legislatore si sarebbe orientato per “l’unificazione delle posizioni debitorie per via normativa”.
Per questa ragione, secondo il Collegio, “non rileva l’unicità della fonte contrattuale o meno della responsabilità, ma solo l’unitarietà del fatto dannoso come base dell’obbligazione risarcitoria.”
A tale conclusione, la Corte perviene valorizzando il concetto dell’unicità del danno sofferto dal creditore, la cui tutela può essere assicurata utilizzando il mezzo della solidarietà in modo che venga sempre perseguito l’interesse del danneggiato, ovvero ottenere comunque il risarcimento.
Dunque, le Sezioni Unite confermano il “principio secondo cui, per il sorgere della responsabilità solidale dei danneggianti, l’art. 2055 primo comma cod. civ. richiede che sia accertato il nesso di causalità tra le condotte secondo il criterio di cui all’art. 41 cod. pen., e quindi solo che il fatto dannoso sia in questo senso imputabile a più soggetti, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuno, e anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, atteso che l’unicità del fatto dannoso – considerata normativamente – deve essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come identità delle norme giuridiche violate”.
Tale principio si applica anche alla fattispecie del danno derivante dalla perdita dei capitali conferiti a società fiduciarie ai sensi della L. n. 1939 del 1966, soprattutto se quelle società siano state dichiarate insolventi e assoggettate a procedura concorsuale.
A riguardo, il Collegio evidenzia che la conseguenza fondamentale è duplice: da un lato, lo strumento giuridico utilizzato per l’adempimento è quello del mandato fiduciario senza rappresentanza finalizzato alla mera amministrazione dei beni conferiti, salva rimanendo la proprietà effettiva di questi in capo ai mandanti; dall’altro lato, la società fiduciaria che abbia gestito malamente il capitale conferito, e che non sia quindi in grado di restituirlo ai mandanti, perché divenuta insolvente, risponde essa stessa del danno correlato all’inadempimento del mandato e alla violazione del patto fiduciario. In questo modo, la relativa obbligazione, anche nell’ipotesi in cui sia stata azionata mediante l’insinuazione in una procedura concorsuale e sia stata parametrata all’ammontare del capitale conferito e perduto, è sempre un’obbligazione risarcitoria da inadempimento del mandato, di cui risponde in via solidale anche l’ente di controllo.
Affermata la responsabilità solidale, la questione dell’effetto estensivo degli atti interruttivi della prescrizione viene risolta di conseguenza.
Infatti, per le obbligazioni solidali, il Legislatore ha previsto che se il creditore compie un atto di esercizio del diritto nei confronti di un condebitore solidale, si producono gli effetti tipici essenziali (interruttivi) di quel medesimo atto nei confronti di tutti i condebitori solidali.
Poiché le singole obbligazioni dei condebitori solidali verso il creditore sono considerate unitariamente dal Legislatore, l’effetto di un atto esercitato dal creditore coinvolge l’intero rapporto obbligatorio. Ne consegue che l’effetto interruttivo si produce a prescindere dalla circostanza che l’atto che lo fa sorgere sia portato a conoscenza del destinatario, esattamente come accade per l’intimazione di cui all’art. 1219 cod. civ., alla luce delle disposizioni di cui all’art. 1308 in relazione all’art. 1310. Infatti, la costituzione in mora di tutti i condebitori solidali si determina solo se a ognuno di questi l’atto venga notificato o comunicato, mentre l’effetto interruttivo si produce nei confronti di tutti, anche se l’atto sia portato a conoscenza di uno di essi; l’effetto interruttivo, inoltre, è lo stesso anche se diverso è il tipo di atto, ovvero con efficacia istantanea o permanente (come la domanda di ammissione al passivo).
In conclusione, alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni Unite, si può quindi affermare che le società fiduciarie rispondono sempre del danno rapportato alla perdita dei capitali a titolo di inadempimento del mandato fiduciario.
Tale inadempimento interpretato come “fatto unico”, secondo l’impostazione del Supremo Collegio, determina la responsabilità solidale dell’ente di controllo per la perdita dei fondi conferiti.
Trattandosi di responsabilità solidale, gli atti interruttivi della prescrizione nei confronti di uno solo dei condebitori producono effetto anche nei confronti degli altri, sebbene non portati direttamente a loro conoscenza.
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