03 MAGGIO
LE NOVITÀ DELLA "LEGGE SUL MADE IN ITALY", LA LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE E LE IMPLICAZIONI PER I MODELLI 231
GOVERNANCE RISK & CONTROL
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L’11 gennaio 2024 è entrata in vigore la Legge n. 206 del 2023, nota anche c.d. “Legge sul Made in Italy”. Nelle sue dichiarazioni di principio, la norma illustra come obiettivo l’introduzione di disposizioni normative tese a valorizzare e promuovere le produzioni di eccellenza, il patrimonio, la cultura e le radici nazionali ai fini non solo identitari ma anche di crescita e sviluppo economico del Paese. Tali dichiarazioni di principio trovano coronamento nella celebrazione, il 15 aprile di ogni anno, della Giornata nazionale dedicata al Made in Italy.
Tra le novità introdotte la legge dedica una specifica sezione alla lotta contro la contraffazione, introducendo un nuovo tassello all’opera di ampliamento dei potenziali margini di responsabilità degli enti derivante dalla commissione dei reati c.d. presupposto. Nel dettaglio, la norma all’art. 52 modifica il reato previsto e disciplinato dall’art. 517 del Codice penale e rubricato: “vendita di prodotti industriali con segni mendaci”, già inserito nel catalogo dei reati la cui commissione, se compiuta dal singolo nell’interesse e vantaggio dell’Ente, può comportare una corresponsabilità della persona giuridica ai sensi del D.lgs. n. 231/01.
Addentrandoci nella disposizione normativa si evidenzia che la modifica legislativa ha esteso l’ambito applicativo del delitto, originariamente rivolto a punire le condotte di chi esclusivamente poneva in vendita o metteva in circolazione opere dell’ingegno o segni distintivi nazionali o esteri, atti ad indurre in inganno il compratore sull’origine, provenienza o qualità del prodotto, contemplando altresì anche la condotta di chi “detiene [i prodotti - NdR] per la vendita”.
La norma recepisce il consolidato e prevalente orientamento giurisprudenziale di legittimità, che riconduceva nell’alveo dell’art. 517, mediante il ricorso all’istituto giuridico del concorso di persone nel reato ex art. 110 c.p., la condotta del detentore di prodotti con segni contraffatti finalizzata alla successiva messa in circolazione o vendita degli stessi.
A seguito dell’entrata in vigore della legge 206/2023, dunque, non solo il commerciante ma anche il fabbricante, il depositario, lo spedizioniere, l’intermediario, il trasportatore o il magazziniere possono essere riconosciuti responsabili del reato ex art. 517 se consapevoli della mendicità dei prodotti.
Pertanto, a seguito del provvedimento normativo introdotto, ai sensi dell’art. 25 bis-1 del D.lgs. 231/01, le Società che si sono dotate di un Modello Organizzativo di Gestione e Controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 sono chiamate di conseguenza a calibrare la valutazione del rischio di commissione o tentata commissione del reato ex art 517 c.p., verificando che i presidi eventualmente adottati siano efficaci e idonei a prevenire la commissione del delitto, anche per l’ipotesi della condotta di detenzione.
Concretamente, in caso ad esempio di realtà industriali produttive, e distributive i processi aziendali che possono essere considerati potenzialmente “sensibili” rispetto al rischio di commissione del delitto in esame e, dunque, necessari di essere attenzionati e valutati, sono l’attività di gestione delle vendite dei prodotti, l’attività di ricerca e sviluppo nonché l’attività di progettazione, produzione e distribuzione dei beni.
Di conseguenza, tra le possibili misure preventive atte a contrastare e ridurre il rischio di commissione del reato da parte dei dipendenti dell’azienda e di conseguenza di un potenziale coinvolgimento della Società stessa, vi è anzitutto una adeguata selezione dei fornitori sulla base di requisiti qualitativi nonché di rigorosi riferimenti a comportamenti etici predeterminati nonché uno strutturato controllo di qualità dell’intero processo produttivo e distributivo in essere presso la Società.
Proseguendo con le novità introdotte dalla norma per contrastare le forme di imitazione, contraffazione e falsificazione di prodotti made in Italy, è opportuno menzionare gli intervenuti del Legislatore sul Codice di procedura penale in materia di organizzazione degli uffici giudiziari. In particolare, la disposizione normativa, con lo scopo di favorire la specializzazione dei magistrati in ambito di lotta alla contraffazione, modifica l’art. 51, comma 3 bis, del Codice di procedura penale, attribuendo alla Direzione Distrettuale Antimafia la competenza per le indagini per i delitti di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) realizzati allo scopo di commettere il delitto previsto dall’art. 517 quater, rubricato “Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari”, anch’esso inserito nel catalogo dei reati presupposto alla responsabilità amministrativa degli Enti.
La riforma legislativa interviene altresì sulla Legge 146/2006, celebre per aver ratificato in Italia la convenzione e i protocolli contro il crimine organizzato transazionale, adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 novembre 2000 e 31 maggio 2001. Nel dettaglio, il Legislatore ha rafforzato gli strumenti di indagine nell’ambito dei reati di contraffazione mediante il riconoscimento dello svolgimento delle operazioni sotto copertura anche per l’art. 517 quater.
Per ultimo, la disposizione normativa interviene in materia di sequestro probatorio e, in particolare, sull’art. 260 c.p.p., che disciplina, tra le altre, l’attività di distruzione delle cose sequestrate dall’Autorità Giudiziaria, ampliando la possibilità di procedere alla distruzione, anche tramite impulso della persona offesa, nella consapevolezza e volontà di ridurre i costi di custodia.
In conclusione, a fronte di una politica legislativa preventiva sempre più incisiva volta a responsabilizzare gli enti degli illeciti compiuti nel loro interesse e nel loro vantaggio, anche mediante l’ininterrotta attività di ampliamento del catalogo dei reati presupposto, il rischio compliance è divenuto un elemento che ogni società non può sottovalutare. È dunque essenziale che le imprese intervengano sul proprio assetto organizzativo interno definendo, tramite l’adozione del Modello 231, le regole e i principi di comportamento da osservare.
Come noto, infatti, il D.lgs. 231/01 prevede un esonero della responsabilità dell’Ente qualora: (i) sia stato adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo concretamente idoneo a prevenire i reati presupposto; (ii) sia stato istituito un Organismo di Vigilanza deputato alla vigilanza sul funzionamento, l’efficacia e l’osservanza del Modello nonché di curarne l’aggiornamento; (iii) le persone fisiche autrici del reato abbiano eluso fraudolentemente il Modello; (iv) non vi sia stata omessa o insufficienza vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza.
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