26 GENNAIO 2021
LIQUIDAZIONE E VALUTAZIONE DELLO STATO DI INSOLVENZA
Redazione Consilia
CRISI DI IMPRESA: AI FINI DELLA VALUTAZIONE DELLO STATO DI INSOLVENZA DI UNA SOCIETÀ IN STATO DI LIQUIDAZIONE NON RILEVA LA CAPACITÀ DI FAR FRONTE ALLE OBBLIGAZIONI CONTRATTE.
Con ordinanza n. 28193 emessa in data 24.9.2020, la Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini della dichiarazione di insolvenza, la valutazione di un’impresa che si trova in stato di liquidazione deve prescindere dalla capacità del patrimonio di soddisfare le obbligazioni contratte; pertanto, è corretta la valutazione concreta degli elementi passivi ed attivi del patrimonio, ma solo ai fini del soddisfacimento dei creditori sociali.
Questo principio trae origine dal caso di una società dichiarata fallita con sentenza, avverso la quale la difesa proponeva impugnazione, formulando istanza di reclamo presso la Corte di Appello. I giudici di secondo grado, però, ne rigettavano le doglianze, sostenendo che ai fini della valutazione dello stato di insolvenza, trattandosi di una società in liquidazione, si doveva attribuire rilevanza all’elemento differenziale corrente tra le attività e le passività. Inoltre, proseguiva il collegio di merito, non poteva essere esclusa l’insolvenza sulla base della mera superiorità dell’attivo sul passivo, dovendosi considerare la composizione dell’uno e dell’altro e valutare sia la sufficienza in astratto a contenere il soddisfacimento dei diritti dei creditori, ma anche il prevedibile contenimento del periodo di tempo destinato alla liquidazione, in limiti idonei a rendere concretamente apprezzabile il soddisfacimento stesso. La società fallita decideva di ricorrere in Cassazione, al fine di evidenziare nei motivi la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 della Legge Fallimentare, per avere la Corte di Appello mancato di conformare la decisione al consolidato principio per cui, trattandosi di una società in liquidazione, l’accertamento deve essere basato sulla nozione di insolvenza cd. patrimoniale, ossia sulla circostanza che, alla data della sentenza dichiarativa di fallimento, la situazione patrimoniale sia tale da far ritenere che gli elementi del patrimonio non siano sufficienti ad assicurare l’eguale e integrale soddisfacimento dei creditori; ciò in quanto l’impresa in liquidazione non si propone di rimanere sul mercato, ma ha come unico obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori mediante la realizzazione delle proprie attività, così da rendere irrilevante la circostanza che essa disponga di liquidità necessaria a soddisfare le obbligazioni contratte.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il suddetto motivo di doglianza, chiarendo che la liquidazione della società ha l’unica finalità di estinguere le passività attraverso la trasformazione in denaro del patrimonio aziendale, con conseguente sostituzione dello scopo liquidatorio a quello lucrativo.
Ai fini dell’applicazione dell’art. 5 della Legge Fallimentare, la valutazione del Giudice, nel caso di una società in liquidazione, deve essere diretta unicamente ad accertare se l’attivo patrimoniale consenta di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali; ciò in quanto la società, non proponendosi di rimanere sul mercato, ma avendo come unico fine quello di soddisfare i creditori attraverso la realizzazione delle proprie attività, non deve disporre di credito, risorse e liquidità necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.
Anche il fattore temporale assume rilevanza ai fini della valutazione dello stato di insolvenza di una società in liquidazione; tuttavia, qualora una società sia posta in liquidazione, la non immediata liquidabilità dei beni che compongono l’attivo non deve richiedere che la società sia in grado di adempiere con regolarità le proprie obbligazioni mediante altra liquidità. La difficoltà di pronta liquidazione può essere, invece, indicatore di un valore di realizzo inferiore a quello risultante dalle scritture contabili, con la conseguenza che il Giudice dovrà valutare il profilo patrimoniale della società, comparando l’effettivo valore dei beni costituenti l’attivo con l’ammontare dei debiti.
In conclusione, non è richiesto che una società in liquidazione disponga di liquidità necessaria a soddisfare le proprie obbligazioni, diversa da quella ottenibile con la realizzazione dell’attivo, ma è richiesto che il suo patrimonio esprima un valore oggettivamente idoneo a soddisfare i debiti, così da risultare ragionevolmente liquidabile in tempi compatibili con il fine della liquidazione.
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