10 OTTOBRE
MODELLO 231, BUONA GOVERNANCE ED INTELLIGENZA STRATEGICA: OLTRE LA COMPLIANCE FORMALE (PARTE 1/2)
GOVERNANCE RISK & CONTROL
4 MIN READ
PRIMA PARTE DI UN APPROFONDIMENTO IN DUE PUNTATE
Negli ultimi vent’anni, il D.lgs. 231/2001 ha rappresentato una vera rivoluzione per il diritto penale d’impresa italiano: la responsabilità dell’ente per i reati commessi nel proprio interesse o vantaggio. La norma ha introdotto un paradigma innovativo: non basta perseguire il singolo individuo, occorre verificare se l’organizzazione abbia predisposto assetti, controlli e modelli idonei a prevenire i reati.
Eppure, la prassi mostra che troppi Modelli 231 sono stati concepiti più come “paracadute giuridici” che come strumenti operativi di gestione del rischio. Non è raro trovarsi davanti a modelli standardizzati, copiati da altri enti, o a protocolli che si limitano a enunciazioni etiche generiche, privi di procedure concrete e verificabili. La giurisprudenza degli ultimi anni ha iniziato a intervenire in maniera netta, distinguendo tra modelli efficaci e quelli che non proteggono l’ente.
La giurisprudenza più recente
La Cassazione, con la sentenza n. 21704 del 2023, ha sancito che un modello generico non costituisce esimente. Nel caso in esame, relativo a gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, la Corte ha chiarito che il modello deve essere ritagliato sui rischi specifici dell’impresa, aggiornato costantemente e applicato nella realtà aziendale. La responsabilità dell’ente, secondo la Cassazione, emerge quando l’organizzazione non dimostra di avere predisposto assetti realmente efficaci.
Analogamente, il Tribunale di Milano, sentenza n. 10748 del 2021, ha bocciato modelli che si limitavano a raccomandazioni di principio – “agire correttamente”, “rispettare le regole” – senza tradursi in procedure operative e strumenti di controllo concreti. In questo caso, i giudici hanno sottolineato che la mera enunciazione di valori etici, senza procedure tracciabili, non costituisce presidio preventivo e non può tutelare l’ente.
Altre pronunce storiche, come Cass. 23401/2020 e Cass. 32899/2022, avevano già indicato chiaramente che la mera formalità del modello non è sufficiente: l’effettività è condizione imprescindibile per l’esimente.
Negli ultimi anni, le sentenze Cassazione Penale n. 2768/2025 e n. 4535/2025 hanno ulteriormente ribadito e chiarito principi fondamentali:
• Cass. Pen. n. 2768/2025: l’assenza di un risk assessment integrato ha comportato la responsabilità dell’ente, in quanto si è configurata una colpa di organizzazione, con un comportamento di generale trascuratezza volontaria e consapevole nella gestione dei rischi. La Corte sottolinea che l’adozione passiva di un modello senza analisi dei rischi concreti non tutela l’ente, ma aggrava la responsabilità.
• Cass. Pen. n. 4535/2025: un Organismo di Vigilanza privo di risorse significative e senza evidenze tangibili di monitoraggio non può essere considerato efficace. L’OdV deve avere autonomia operativa, strumenti concreti e documentazione verificabile per poter svolgere la sua funzione di prevenzione.
Queste pronunce confermano e rafforzano il principio ormai consolidato: il Modello 231 efficace è un presidio operativo, integrato nella governance e nella strategia dell’impresa, e non un semplice adempimento burocratico.
Casi pratici: cronaca e giurisprudenza
L’esperienza dei tribunali si intreccia spesso con vicende di cronaca giudiziaria. Il caso EGB Group, emerso nel 2024, per esempio, ha mostrato come un consorzio formalmente in regola potesse aggiudicarsi 40 appalti pubblici tramite fatture fittizie e subappalti opachi, mentre era già destinatario di un’interdittiva antimafia. Solo idonee procedure e, tra queste la corretta implementazione di un Modello 231 realmente operativo e supportato da un OdV proattivo, avrebbe potuto intercettare anomalie così complesse.
Il comparto sanitario rappresenta un’area ad alta esposizione a rischi di frode, corruzione e inefficienza. Appalti pilotati, forniture gonfiate o servizi mai erogati sono esempi concreti di come la mancanza di protocolli di due diligence sui fornitori e di sistemi di monitoraggio operativi possa favorire comportamenti illeciti. In particolare, la giurisprudenza recente ha sottolineato che un Modello 231 efficace non si limita a indicazioni generiche di legalità, ma definisce procedure operative tracciabili, responsabilità chiare e strumenti di audit interni in grado di rilevare tempestivamente irregolarità nei contratti, nei subappalti e nei flussi finanziari (Cass. n. 15641/2023).
Il settore dei rifiuti continua a essere un contesto ad alto rischio di riciclaggio e illeciti ambientali. La Cassazione n. 11617/2024 ha affrontato il tema del traffico illecito di rifiuti, evidenziando la responsabilità degli enti nell’assicurare il rispetto di norme e protocolli interni volti a prevenire reati ambientali. Analogamente, la Cassazione n. 37237/2024 ha ribadito che un Modello Organizzativo 231 inefficace, privo di monitoraggio reale e strumenti concreti, non tutela l’ente, mettendo in luce l’importanza di procedure di controllo integrate lungo tutta la filiera dei rifiuti. Anche studi e inchieste parlamentari, come la relazione della Commissione Parlamentare sul ciclo dei rifiuti in Toscana, hanno evidenziato gravi criticità nella gestione e nel monitoraggio delle attività di raccolta e smaltimento.
Il settore bancario e finanziario è sensibile a reati quali riciclaggio, frode informatica, aggiotaggio e insider trading. La giurisprudenza ha ribadito che la sola esistenza di procedure generiche di compliance non è sufficiente: gli istituti devono implementare controlli interni operativi e strumenti di monitoraggio dei flussi finanziari e delle decisioni strategiche, affinché il Modello 231 svolga un’effettiva funzione preventiva.
In molte delle sopra citate situazioni, l’assenza di protocolli di due diligence sui fornitori, flussi finanziari non tracciati e sistemi di monitoraggio inefficaci hanno facilitato comportamenti illeciti. Queste vicende dimostrano che la compliance formale, senza una buona governance autentica, può trasformarsi in un involucro vuoto: la carta è perfetta, ma il rischio rimane.
L’articolo continua nella parte 2, con approfondimenti sulla buona governance e sull’intelligenza strategica, leve decisive per un Modello 231 realmente efficace e capace di generare valore.
A cura della Divisione GRC di Consilia Business Management
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