11 LUGLIO 2022
PRESENTAZIONE DEL XII RAPPORTO ANNUALE AIBE SUL SOSTEGNO DELLE BANCHE ESTERE AL SISTEMA ECONOMICO-FINANZIARIO ITALIANO – LUGLIO 2022
Redazione Consilia
I mercati finanziari internazionali stanno affrontando nuove incertezze, nuovi rischi e nuove sfide dopo la pandemia. Le crisi del recente passato hanno già evidenziato le criticità del sistema economico italiano, dovute ad alcune debolezze storiche (l’alto livello del debito pubblico, la burocrazia, il carico fiscale, il costo del lavoro). Come riportato nell’annuale indagine AIBE-Censis, questi fattori rappresentano ancora i maggiori ostacoli all’attrattività di investimenti esteri. L’attuale contesto geopolitico e la velocità dei cambiamenti impongono nuove sfide globali e richiedono un ecosistema efficiente e moderno, per favorire la competitività delle imprese, la solidità degli intermediari finanziari e accrescere insieme agli investimenti, la reputazione e lo standing creditizio ed internazionale del Paese.
Le proposte inserite nel PNRR basate su riforme, innovazione, transizione verde, semplificazione della Pubblica Amministrazione e della giustizia vanno proprio in questa direzione. CI sono davvero molti cantieri in corso e si sta facendo davvero molto, anche se occorrerà ancora molto impegno per realizzare i progetti preventivati.
I risultati economici e finanziari dell’ultimo anno sono stati positivi, con una forte ripresa dopo la pandemia, almeno fino al quarto trimestre 2021, quando hanno iniziato a manifestarsi alcuni segnali di rallentamento e di debolezza (tensioni sui mercati delle materie prime, nel commercio internazionale, l’accelerazione dell’inflazione), acuitisi con lo scoppio del conflitto militare tra Russia e Ucraina. Il primo trimestre 2022 ha ancora beneficiato del positivo andamento dello scorso anno, ma in prospettiva, soprattutto per la seconda parte dell’anno in corso, i segnali sono incerti e preoccupanti.
Nel corso del 2021 la presenza di intermediari finanziari internazionali nel nostro Paese è aumentata nella maggior parte delle linee di business, a supporto del finanziamento delle imprese, delle strategie di internazionalizzazione e a sostegno della ripresa economica e della transizione verde. Il mercato italiano dell’M&A ha mostrato una grande ripresa e il ritorno dei big deal, con rilevante presenza di buyer esteri.
La quota di mercato detenuta dalle banche estere nei prestiti alla clientela è rimasta stabile intorno al 15%, la qualità del credito è leggermente migliorata.
A fine 2021 le banche attive in Italia erano 456, di cui 81 estere (circa il 18% del totale). Il numero di sportelli ha proseguito il trend decrescente, fissandosi a 126 unità, meno della metà di un decennio prima, in conseguenza sia della transizione al digitale, sia del processo di concentrazione in atto nell’industria bancaria, a livello nazionale e internazionale.
Al 31 dicembre 2021, il totale attivo riconducibile alle banche estere rappresentava circa il 13,1% del totale del sistema bancario domestico, in linea con il dato di fine 2020. La quota di mercato sui prestiti alla clientela era pari al 15,1% e anche la composizione settoriale non mostra significative variazioni: famiglie (44%) e imprese non finanziarie (26%) sono la tipologia di clientela più diffusa.
La qualità del credito delle banche estere ha proseguito il trend di miglioramento: la percentuale delle sofferenze lorde è scesa dal 3,6% al 3,4%, pur restando superiore di circa 1,5 punti percentuali rispetto all’intero sistema bancario domestico.
La quota della raccolta sotto forma di depositi da clientela era di poco inferiore all’11% (10,5% a fine 2020); la quota di mercato dei titoli emessi da banche estere è aumentata dal 5,4% al 6,1%.
Sebbene l’Italia sia l’ottava economia più grande del mondo e con diverse aree di eccellenza riconosciute a livello internazionale, il nostro Paese continua ad attrarre meno Investimenti Diretti Esteri (IDE) rispetto a molte altre nazioni industrializzate europee. Secondo i dati più recenti dell’UNCTAD (World Investment Report 2021), in generale e come era ovvio attendersi, nel 2020 i flussi globali di IDE sono crollati in conseguenza della pandemia (–35%), risultando pari a circa 999 miliardi di $; tra le altre, l’area UE-28 ha visto un calo specifico ancora più importante del 71% pari a circa 123 miliardi di $. L’Italia non ha fatto eccezione, con un importo di inward IDE negativo (–0,4 miliardi di $).
A fine 2019 (ultimo dato disponibile sulla base delle rilevazioni ISTAT), il numero di multinazionali straniere (MNE) operanti in Italia era pari a 15.779, in crescita di 260 unità rispetto all’anno precedente, soprattutto nel macrosettore dell’Industria. Tali imprese impiegavano circa 1,5 milioni di persone e realizzavano un fatturato aggregato di circa 620 miliardi di euro.
Il contributo delle imprese a controllo estero verso i principali aggregati economici nazionali dell’industria e dei servizi è significativo: sebbene le multinazionali straniere rappresentino solo lo 0,4% del totale delle imprese operanti in Italia, esse impiegano il 9% della forza lavoro e contribuiscono al 19% del fatturato e al 16% del valore aggiunto complessivo[1].
Nel corso del 2021 è proseguita la crescita del debito pubblico italiano (2.678 miliardi di euro a fine 2021, in aumento del 4,1% rispetto all’anno precedente, incremento concentrato soprattutto nella prima parte dell’anno. Lo stock di debito pubblico detenuto da investitori esteri a fine 2021 era pari a 780 miliardi di euro (+1,4% su base annua), di cui circa l’88% sotto forma di titoli governativi (–2,2% su base annua e circa –5% rispetto ai dati pre-pandemia di fine 2019).
Secondo le rilevazioni di Banca d’Italia, nel corso del 2021 gli investitori non residenti hanno mantenuto invariata l’esposizione complessiva sui titoli italiani (emissioni private e pubbliche): le vendite nette di titoli pubblici (27,5 miliardi di euro) sono state bilanciate dagli investimenti in obbligazioni emesse dal settore privato non bancario (29 miliardi di euro).
Nei primi due mesi di quest’anno lo stock di titoli detenuti da non residenti è diminuito di circa 7,9 miliardi di euro, riducendo così la loro esposizione al 29,7%, il valore più basso registrato dall’inizio di questo secolo e circa 22 punti percentuali in meno rispetto al picco di metà 2008.
A livello domestico, il 2021 ha visto segnali molto positivi per le operazioni di M&A, per il private equity, le cartolarizzazioni e i prestiti sindacati. In ognuno di tali comparti, la quota di mercato dei soggetti esteri a supporto degli investimenti delle imprese italiane si è confermata particolarmente rilevante.
Nel 2021 il mercato italiano dei prestiti sindacati è cresciuto di circa 20 miliardi di euro, sfiorando un controvalore complessivo delle operazioni pari a 70 miliardi di euro. Le banche estere hanno partecipato al 77% dei collocamenti, confermando una posizione rilevante nel mercato di riferimento. Gli investitori stranieri hanno operato in via esclusiva nel 6,6% dei collocamenti totali e in consorzi internazionali con banche domestiche nel 70,7% dei collocamenti, supportando principalmente imprese italiane attive nei settori Utility & Energy, Trasporti e Computers & Electronics.
Nel 2021 il mercato italiano del Private Equity e Venture Capital ha registrato la chiusura di 654 operazioni (471 nel 2020), per un controvalore complessivo di circa 15,7 miliardi di euro, più del doppio dell’anno precedente. La raccolta è aumentata da 5,7 a 11,2 miliardi di euro, grazie al contributo della raccolta indipendente (5,4 miliardi) e dei fondi pan-europei con base in Italia (5,5 miliardi di euro, con una crescita del 76% sempre su base annua).
Nel mercato delle cartolarizzazioni, sono state realizzate 29 operazioni di ABS, con un controvalore di circa 4,1 miliardi di euro: i soggetti esteri, talvolta con ruolo di operatori esclusivi, sono stati presenti in tutte le operazioni (100%).
Come si anticipava, il mercato italiano dell’M&A ha visto un incremento del numero di deal (1.200, +38% su base annua) e un raddoppio dei valori, pari a circa 100 miliardi di euro. Le operazioni cross-border (579) hanno rappresentato circa i 3/4 della dimensione del mercato: le operazioni cross-border in entrata sono state 367 (218 nel 2020) con volumi pari a 17,2 miliardi di euro (17% della dimensione complessiva del mercato).
Advisor esteri a supporto di acquirenti e target sono stati coinvolti in oltre il 90% delle operazioni (in termini di volumi).
Sulla base dei dati rilasciati da SACE, nel 2021 le garanzie finanziarie prestate a supporto della crescita delle imprese italiane all’estero sono state pari a 11,9 miliardi di euro (11,2 miliardi nel 2020). Il 42% delle garanzie concesse ha sostenuto prestiti erogati da operatori stranieri (oltre 5 miliardi di euro), per lo più provenienti da Francia (41% delle garanzie finanziarie), Germania (18%) e Spagna (17%).
In particolare, le garanzie finanziarie sul credito all’export concesso da intermediari esteri – pari a 3,9 miliardi di euro – rappresentano circa il 45% del totale garantito sul credito all’esportazione; viceversa, con riferimento all’internazionalizzazione, le garanzie concesse agli operatori stranieri – pari a circa 1,2 miliardi di euro, più che raddoppiate su base annua – hanno rappresentato, il 35% del totale garantito per l’internazionalizzazione (14% nel 2020).
Anche nel 2021 è proseguito e si è rafforzato il supporto di SACE a sostegno delle imprese italiane, per fronteggiare gli effetti derivanti dal Covid-19: gli strumenti dedicati, “Riprese dell’Economia” e “Green”, hanno mobilitato risorse complessive per circa 14,6 miliardi di euro: gli intermediari esteri hanno una quota di mercato del 17%.
Nel 2021 il mercato domestico dei capitali di debito ha visto un controvalore di emissioni pari a circa 156 miliardi di euro, in calo del 13% rispetto all’anno precedente, pur restando su valori superiori alla dimensione media dell’ultimo decennio.
Confermato il ruolo degli operatori bancari esteri: nel 2021 le emissioni assistite da almeno un intermediario estero sono state pari al 91% del mercato in termini di deal value. Se consideriamo le tranche di maggior valore, ovvero pari ad almeno 1 miliardo di euro, si evidenzia che le banche estere sono state coinvolte in 33 delle 40 operazioni chiuse, corrispondenti a volumi di circa 92 miliardi di euro, pari a poco meno del 60% del totale.
Sul mercato del capitale di rischio (equity), nel 2020 il controvalore degli scambi effettuati è risultato pari a circa 7,4 miliardi di euro, con una crescita dell’1,4% su base annua, pur a fronte di un incremento molto più consistente del numero di operazioni realizzate, passate da 48 a 74. Gli operatori esteri sono stati coinvolti in 46 operazioni (62% del totale, ma ben il 93% in termini di controvalore). Tutte le operazioni di maggiore dimensione sono state assistite da intermediari esteri, talvolta all’interno di consorzi internazionali che hanno visto la presenza anche di operatori domestici.
Nel 2021 la massa gestita (Assets Under Management, AUM) dagli operatori dell’industria del risparmio gestito – conteggiando complessivamente gestioni collettive e gestioni di portafoglio – in Italia è aumentata del 6,7% su base annua, passando da circa 2.422 a 2.594 miliardi di euro. Il patrimonio riconducibile a gruppi esteri è pari a circa 889 miliardi di euro, corrispondente al 34% del totale, con una crescita di un punto percentuale su base annua e di circa 10 p.p. negli ultimi 5 anni.
Nei fondi pensione (circa 81,2 miliardi di euro di AUM) la quota di mercato riconducibile a soggetti esteri è stabile rispetto all’anno precedente, attestandosi al 56% (45,4 miliardi di euro), ed è particolarmente elevata (70%) nei fondi negoziali.
Nel 2021 si è assistito ad una ripresa nel comparto del credito specializzato e le quote dei soggetti esteri si sono confermate rilevanti e stabili. Nel mercato del factoring, la quota dei soggetti esteri è pari al 16% in termini di turnover complessivo: il turnover riconducibile a soggetti esteri è pari a 39,3 miliardi di euro, con una crescita del 10,5% su base annua. Nel credito al consumo, la quota dei soggetti esteri è pari al 54%, con flussi cumulati nell’anno pari a circa 30,5 miliardi di euro (+17% su base annua).
Nell’ultimo “Fiscal Monitor” di aprile 2022, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha sottolineato la crescita dell’incertezza sull’economia mondiale e si è concentrato sulla rilevanza delle politiche fiscali all’interno dei nuovi scenari macroeconomici e geopolitici. Secondo il FMI le risposte delle Autorità governative e monetarie dovranno essere “modellate” in questo nuovo e complesso contesto. I deficit pubblici si stanno riducendo a livello globale, sebbene siano ancora stimati al di sopra dei livelli pre-pandemia.
Con riferimento all’andamento della quota di debito delle Amministrazioni Pubbliche detenuta da investitori non residenti, nell’analisi di un campione di Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) sul 2021 si rilevano variazioni negative significative soprattutto per Germania, Francia e Spagna (con un calo medio di circa 7,5 punti percentuali tra fine 2020 e Q3-2021) e più contenute per Italia e Regno Unito.
Se estendiamo l’orizzonte temporale al periodo 2015/21, si rafforza questa tendenza al ribasso, più marcata per Germania e Francia, con un calo pari a – rispettivamente – 15 e 11 punti percentuali.
Relativamente alla penetrazione delle banche estere nei mercati del debito e dei capitali dei 5 Paesi analizzati, la dimensione complessiva (somma dei 5 mercati domestici) del mercato dei prestiti sindacati è aumentata da 602 a 633 miliardi di euro (+2% su base annua), con una crescita più marcata in Italia e in Germania, mentre il mercato francese e quello spagnolo si sono contratti. Il Regno Unito si conferma il mercato più rilevante tra quelli analizzati. La quota di mercato detenuta dagli operatori esteri è rimasta significativa in tutti i Paesi e pari, in media, al 73%, + 4 p.p. rispetto all’anno precedente.
I mercati dei capitali di debito (DCM) hanno visto un downsizing di circa l’8% (da 1.353 a 1.237 miliardi di euro), con la sola eccezione del Regno Unito (+9,6%), il mercato più grande insieme a quello tedesco. La quota detenuta da investitori esteri è pari, in media, al 90%, senza particolari differenze nei Paesi analizzati.
Nel 2021 i mercati dell’equity (ECM) hanno mostrato una forte tendenza al rialzo: il controvalore totale delle operazioni concluse lo scorso anno è stato di 153 miliardi di euro (101 miliardi nel 2020). Il mercato britannico e quello tedesco confermano la loro predominanza, raggiungendo, rispettivamente, una dimensione di 65 e 48 miliardi di euro di controvalore di operazioni realizzate nell’ultimo anno. Particolarmente rilevante è la crescita del mercato spagnolo (13,7 miliardi di euro, +80% su base annua), grazie soprattutto alla presenza di alcuni “mega deal” (4 su un totale di 23 operazioni) che hanno concentrato il 75% delle risorse scambiate. Nonostante le marcate differenze geografiche, la quota di mercato detenuta in media dai bookrunner esteri si è confermata significativa: in particolare la quota detenuta dai soli bookrunner stranieri è pari a circa il 26% (Italia 26%), mentre più elevata è stata la quota detenuta dai pool internazionali di bookrunner pari al 65% in media (Italia 67%), per una penetrazione complessiva pari a circa il 91%.
[1] Sulla base dei dati ISTAT, tenuto conto dei valori di fatturato e valore aggiunto riconducibili alle MNE (pari, rispettivamente, a 624 e 134 miliardi di euro) e delle percentuali rappresentative delle quote detenute dalle MNE sul totale (rispettivamnete, 195 e 16%), si può quindi risalire ai valori complessivi di fatturato e valore aggiunto riconducibili alle imprese residenti in Italia. Per il 2019 essi erano pari, rispettivamente, 3.230 e 825 miliardi di euro.
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